Viaggio nell’oltremondo: i legami di Dante con la letteratura biblica e islamica

Viaggio nell’oltremondo: i legami di Dante con la letteratura biblica e islamica

Riconosciuta universalmente come una delle opere letterarie più importanti di ogni tempo, la Commedia – l’aggettivo “Divina” è un’attribuzione successiva dovuta al Boccaccio – è il testo che, secondo molti studiosi, più d’ogni altro ha contribuito all’affermazione del toscano come lingua italiana. In virtù di questa sua importanza storica oltreché letteraria, sul poema dantesco per eccellenza s’è detto e scritto tantissimo e lo studio che lo riguarda ha intrecciato l’analisi dell’aspetto stilistico con le innumerevoli suggestioni fornite da quello contenutistico.

Questo articolo introduttivo – per approfondire maggiormente i temi trattati si rimanda il lettore agli studi compiuti, tra gli altri, da Maria Corti e Luigi Moraldi – riguarda nello specifico il problema delle fonti, con particolare attenzione alla scaturigine islamica che molti commentatori attribuiscono alla strutturazione dell’aldilà operata da Dante Alighieri nonché al legame tra una certa letteratura biblica, sia canonica che apocrifa, e la fondamentale figura della guida – Virgilio, Beatrice, San Bernardo – che affianca costantemente il sommo poeta nel mentre del suo viaggio ultraterreno. Per quanto riguarda il primo punto c’è da dire che si tratta di un argomento non noto al grande pubblico ma abbastanza chiacchierato e dibattuto in ambito accademico sin dai primi del secolo scorso quando il religioso e arabista spagnolo Miguel Asín Palacios pubblicò in un saggio il frutto dei suoi studi relativi ai parallelismi tra la Divina Commedia e certi racconti della tradizione islamica. In particolare, Dante avrebbe tratto ispirazione dal resoconto – cui si fa cenno in diverse sure del Corano – del viaggio notturno compiuto dal profeta Maometto attraverso i Cieli. L’episodio, che come già accennato sopra è esposto per sommi capi nel testo sacro dell’Islam, è narrato dettagliatamente nei Libri della Scala, scritti di matrice escatologica di incerta attribuzione pervenutici attraverso la traduzione in castigliano duecentesco. Pare che il notaio Bonaventura da Siena abbia avuto un qualche ruolo nella redazione delle versioni in latino e francese del testo e che abbia incontrato, alla corte di Alfonso il Saggio, uno dei maestri di Dante: Brunetto Latini. Diversi studiosi hanno avanzato l’ipotesi che Dante sia venuto a conoscenza dei Libri della Scala proprio grazie al Latini. Per quanto si renda necessario approfondire ulteriormente questa ipotesi attraverso studi storici e archivistici, è innegabile l’emergere di una somiglianza tra i due testi, in primo luogo per quanto concerne la natura strutturale e topografica dell’Inferno. Il resoconto di entrambe le catabasi descrive l’Inferno come un susseguirsi di cerchi concentrici, un imbuto o una torre di Babele al contrario, che ospita i gruppi di dannati a seconda della gravità del peccato commesso: i peccatori, in entrambe le versioni, vengono puniti secondo la legge del contrappasso. A riprova di un certo legame tra Dante e la cultura islamica ci sarebbero, inoltre, le rispettose parole che il sommo poeta avrebbe dedicato al pensatore Averroè, nominato anche nel canto IV dell’Inferno. Effettivamente le analogie non sono poche e, considerando la minor ricchezza di fonti letterarie giudaico-cristiane che descrivono l’Inferno rispetto a quelle innumerevoli afferenti al mondo islamico, non risulta affatto implausibile che Dante abbia attinto, tra le altre, a certe tradizioni mediorientali per dare forma alla cosmologia del suo intramontabile capolavoro. Tuttavia c’è da dire che molte di queste analogie – ad esempio la gerarchia angelica e il relativo moto circolare oppure la luce divina che investe i protagonisti al cospetto di Dio – potrebbero essere riconducibili alla comune matrice abramitica che lega Cristianesimo e Islam, d’altronde la Bibbia ha costituito la base della neonata teologia mussulmana e non dimentichiamo che figure come Adamo, Enoch, Mosè, Giovanni Battista, Gesù sono parte della tradizione cultuale islamica oltreché cristiana. Un elemento che unisce la tradizione biblica a quella islamica e all’opera dantesca è, come s’accennava in apertura, la costante presenza di una guida. A guidare Maometto nel succitato viaggio, secondo i Libri della Scala, è l’arcangelo Gabriele. A guidare Dante ci sono Virgilio – per l’Inferno e il Purgatorio – nonché Beatrice – dalla cima del Purgatorio e attraverso il Paradiso – e, per i momenti ultimi, San Bernardo. Guardando ancora più indietro nel tempo è facile constatare come nella storia della letteratura, soprattutto quella mitologica o religiosa, la figura della guida sia spesso presente. Nella letteratura biblica, canonica o apocrifa, il protagonista di qualsiasi viaggio attraverso i cieli è scortato da un angelo. Basti pensare alle adduzioni e alle ascensioni dei vari profeti, da Enoch ad Abramo, e al fatto che, a detta di eminenti biblisti ed esegeti, tra le fonti di ispirazione dantesche figurerebbe un’antichissima Apocalisse di Paolo – la cui prima citazione risalirebbe al 253-254 d.C. – che racconterebbe del viaggio compiuto dall’apostolo nei luoghi dell’aldilà dei malvagi e nei luoghi dell’aldilà dei giusti.

Certo è che senza una documentazione specifica qualsiasi teoria delle fonti resta nell’ambito della speculazione e dello studio in divenire, è però interessante constatare lo stretto legame che sussiste tra l’escatologia giudaico-cristiana e quella islamica nonché il modo in cui le correnti religiose abramitiche si siano, nel corso dei secoli, vicendevolmente influenzate e abbiano, a loro volta, ispirato letterati, artisti, studiosi.

                                                                                                           a cura di Marco Marra

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