Avvento del Diluvio nel libro dell’Apocalisse di Mosè, ovvero La caverna del tesoro

Avvento del Diluvio nel libro dell’Apocalisse di Mosè, ovvero La caverna del tesoro

L’Apocalisse di Mosè è un brano veterotestamentario e apocrifo appartenente al genere apocalittico. Il racconto è diviso in due parti: nella prima viene narrata – e ampliata, rispetto al racconto genesiaco – la vita dei personaggi biblici Adamo ed Eva e la loro cacciata dal paradiso terrestre; nella seconda vengono descritte le vicende dei patriarchi antidiluviani fino all’era di Cristo. Il brano proposto offre una variante al mito del Diluvio del patriarca Noè descritto nel Libro della Genesi, e rientra nella seconda parte dell’Apocalisse di Mosè. Il testo è conosciuto con il nome de La caverna del tesoro, e identifica una caverna nascosta su un monte sacro posto al centro del paradiso terrestre, luogo ove Adamo, il padre di tutti gli uomini, si reca non appena cacciato dal paradiso. La caverna è spazio dove vengono nascosti tutti i tesori della stirpe adamitica, o “tutte le cose segrete”; è luogo necessario fra i discendenti adamitici per preservare la virtù, le verità, la purezza dei costumi; è la caverna in cui Mosè si nasconde alla vista del Signore, ed è la caverna in cui si reca Elia e dove il profeta Geremia nasconde i tesori sacri del tempio di Gerusalemme. Alcuni studiosi identificano la montagna sacra con il monte Horeb.

AVVENTO DEL DILUVIO NEL LIBRO DELL’APOCALISSE DI MOSE’, OVVERO LA CAVERNA DEL TESORO

Di tutti i figli di Set restavano solo questi tre patriarchi sulla montagna del trionfo: Matusalemme, Lamec e Noè. Tutti gli altri se ne erano ritornati nell’accampamento dei figli di Caino. Quando Noè vide quanto era grande il peccato della sua stirpe, conservò la sua anima in purezza per cinquecento anni. Poi Dio gli parlò e gli disse: Sposa Haikal, la figlia di Namos e nipote di Enoc, il fratello di Matusalemme. E Dio gli rivelò che intendeva provocare il Diluvio. E Dio gli parlò e disse: Fra centotrenta anni, scatenerò un Diluvio. Costruisci un’arca per la salvezza dei figli della tua casa, ma costruiscila giù nell’accampamento dei figli di Caino, con il legno proveniente dal Monte Sacro, e costruisci l’arca nel modo seguente: la sua lunghezza di trecento braccia, delle tue braccia, la sua larghezza di cinquanta braccia e la sua altezza di trenta braccia. Sopra toglierai un braccio. Vi costruirai tre stanze, quella inferiore per il bestiame, sia d’allevamento che selvatico, quella intermedia per gli uccelli e quella superiore per te e i figli della tua casa. Costruirai una camera per gli attrezzi e una per le vivande. Farai una campana di ebano, priva di fori. La sua lunghezza sarà di tre braccia e la sua larghezza di un braccio e mezzo. Da essa uscirà un batacchio che suonerai tre volte al giorno: una volta al mattino, affinché i lavoratori si riuniscano per la lavorazione dell’arca, una volta a mezzogiorno, per il pranzo, e una volta la sera, per il riposo. Quando suonerai, essi udranno il suono delle campane e ti chiederanno: Che cosa hai fatto? E tu risponderai: Dio farà venire un’inondazione.

E Noè fece quanto il Signore aveva comandato. Entro cento anni nacquero tre figli: Sem, Cam e Jafet, ed egli scelse per ognuno una moglie tra le figlie di Matusalemme. Lamec visse seicentosettanta anni e morì mentre suo padre Matusalemme era ancora in vita, quattordici anni prima del Diluvio, il ventuno Elul, un giovedì nel sessantottesimo anno della vita di Sem, primogenito di Noè. Fu unto dal suo primogenito Noè e sepolto da suo padre Matusalemme. Il luogo della sepoltura era la Caverna del Tesoro e lì lo piansero quaranta giorni. E queste sono le raccomandazioni di Matusalemme prima di morire: Ascolta Noè, tu che sei benedetto del Signore. Ora io lascio questo mondo come i miei padri prima di me. Quindi solo voi sarete salvati, tu, i tuoi figli, tua moglie e le loro mogli. Fa’ come ti sto comandando. Dio provocherà un Diluvio, ma quando sarò morto, ungi le mie spoglie e deponimi nella Caverna del Tesoro, presso i miei padri. Prendi tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli e discendi da questo Monte Sacro. Prendi con te le spoglie di nostro padre Adamo e queste tre offerte: oro, mirra e incenso, e colloca le spoglie di Adamo al centro dell’arca e le offerte sopra di lui. Tu starai con i tuoi figli nella zona orientale dell’arca, tua moglie con le mogli dei tuoi figli in quella occidentale. Le vostre mogli non vi dovranno raggiungere, né voi dovrete arrivare da loro. Non dovrete bere, né mangiare con loro e nemmeno accoppiarvi fintanto che sarete sull’arca. Poiché questa stirpe ha provocato l’ira di Dio e non si è dimostrata degna di restare ospite del Paradiso e di cantare le lodi insieme agli Angeli. Una volta defluita l’acqua del Diluvio, abbandonate l’arca e dimorate presso quei territori. A quel punto Noè entrò nell’arca e depose le spoglie di Adamo nel mezzo, e le offerte sopra di esse.

L’anno nel quale Noè entrò nell’arca si compiva il secondo millennio dalla discesa di Adamo, come ci è stato tramandato dai settanta saggi. Un venerdì, il settimo giorno del mese benedetto di Ijjiar, Noè entrò nell’arca. Il mattino del venerdì gli animali selvatici e il bestiame da allevamento occuparono la parte inferiore, a mezzogiorno gli uccelli e tutti i vermi quella intermedia e a sera Noè con i suoi figli la zona orientale dell’arca, mentre sua moglie e le mogli dei suoi figli quella occidentale. Le spoglie di Adamo furono poste nel mezzo, poiché rappresentano i misteri della chiesa. Quando Noè fu entrato nell’arca, il diciassette Ijjiar, a sera, le porte furono serrate. E Noè e i suoi figli si trovarono in una triste prigionia. Quando furono serrate le porte dell’arca, si aprirono le cateratte del cielo, si squarciarono gli abissi e le masse dell’oceano, dell’immenso mare che copre la terra. Quando si aprirono le cateratte del cielo e si squarciarono gli abissi della terra, fu lasciato libero corso ai venti cosicché i venti infuriassero e la tempesta desse inizio all’inondazione. Allora i figli di Set, macchiati dall’impurità della lussuria, corsero all’arca e pregarono Noè di aprire loro le porte. E quando videro le masse d’acqua che li circondavano e li sommergevano da tutti i lati, furono presi dall’angoscia e cercarono invano di risalire sul monte del Paradiso. L’arca era ben chiusa e sigillata, e in cima al tetto stava l’angelo del Signore come un nocchiero. Quando i flutti cominciarono a mugghiare intorno alla gente, e questa iniziò ad annegare, si compivano su di loro le parole di Davide […]. L’arca fu sollevata da terra dalla forza dell’acqua. Tutti gli animali annegarono: quelli selvatici e gli uccelli, il bestiame e i vermi e tutti gli altri che popolavano la terra. E l’acqua del Diluvio crebbe superando le cime delle montagne più alte. I flutti circondarono l’arca che fu sollevata sino a giungere ai confini del Paradiso. Quando i flutti furono benedetti e purificati dal Paradiso, tornarono indietro, lambirono le rocce del Paradiso e s’apprestarono alla catastrofe su tutta la terra.

E l’arca fluttuava sulle ali del vento oltre le onde, da est a ovest e da nord a sud, descrivendo così una croce sulle acque. L’arca corse per centocinquanta giorni sulle acque, giungendo nel settimo mese, cioè il diciassette Tishri, nei pressi del monte Kardo. Allora Dio comandò alle acque di divaricarsi, cosicché le acque superiori tornarono nella loro sede in alto, nel cielo, da dove erano venute. Le acque che erano salite da sotto, dalla terra, ritornarono nell’abisso, e quelle dell’oceano ritornarono ad esso. Le acque continuarono a diminuire fino al decimo mese, Shebat. Il primo giorno di Shebat, tornarono visibili le cime delle montagne più alte, e dopo quaranta giorni, il dieci di Adar, Noè aprì la finestra orientale dell’arca e liberò un corvo, al fine di avere notizie. Il corvo volò via e non ritornò più. Quando l’acqua diminuì ancora un po’ sulla terra, egli liberò una colomba, ma essa non trovò nessun luogo dove fermarsi e tornò presso l’arca. Dopo sette giorni, egli liberò ancora la colomba, ed essa tornò di nuovo indietro, ma nel suo becco ghermiva un ramoscello d’olivo […]. Nel seicentesimo anno della vita di Noè, il primo di Nisan, l’acqua cominciò ad asciugarsi sulla superficie di tutta la terra.

Il secondo mese il diciassette Ijjiar, in una santa Domenica, l’arca fu abbandonata. Noè uscì, e insieme a lui uscirono sua moglie e i suoi figli con le loro mogli. Quando erano entrati nell’arca si erano divisi, Noè con i suoi figli, sua moglie con le mogli dei suoi figli. E gli uomini non conobbero le mogli, finché non l’arca non fu abbandonata. In questo giorno abbandonarono l’arca tutti gli animali selvatici, il bestiame, tutti gli uccelli e i vermi. Dopo che tutti ebbero lasciato l’arca, Noè cominciò la lavorazione della terra. Venne costruita una città e il suo nome fu Temanon, in nome degli otto uomini che erano usciti dall’arca. Quindi Noè costruì un altare e, sopra di esso, offrì al Signore animali e uccelli puri. E Dio fu placato dall’offerta di Noè. Dunque promise: Non permetterò mai più che si verifichi un Diluvio.

a cura di Gerardo Spirito

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