Frammento di Ordamoris – racconto di Silvia Tebaldi

Frammento di Ordamoris – racconto di Silvia Tebaldi

Nacqui di doppia nascita, così mi disse Omnht. Nel dare a luce mia madre morì, e con lei il mio fratello gemello: per questo portai in me l’un sesso e l’altro.
Omnht mi insegnava gli astri e le tinture; mi insegnava le bestie, le piante e i loro frutti. Appresi i nomi e appresi a fare i segni.
Si lavorava il campo […] alla larga dalla città dell’uomo, non è luogo per gente come te. Così diceva Omnht, che mi allevò.
Non temere la morte, non temere neppure la paura. Salda il respiro alla volta del cielo. Dico a te, dico a te che leggi.
Venne un autunno senza estate, uomini in armi e sangue sulla terra. In cinque camminammo verso il mare: immagina una striscia di fuoco bianco.
Curai le piaghe di un ferito. A notte vidi uno scudo tondo, grande dal gomito alla mano. E sullo scudo il sole, la luna e le sette stelle. Mi destai.
Credimi, non si muore. Affondai nella luce.

Riemersi all’ombra di un’arcata; nel portico, donne intente a filare. Sul mio polso era avvolta una risca, una correia, con il nome di Omnht in punti cuciti: erano dieci donne e non conoscevano quei segni, pure mi diedero rifugio.
Presto imparai la loro lingua. Parlavano di un dio come lo conoscessero.
Lavorai sulla terra, appresi gli inchiostri e la scrittura. Stelle e tinture già le conoscevo, come il disco celeste nel respiro, e mi fu dato il nome di Ordamoris.
Attorno era una città detta Venezia, canali e barche, oro e alghe. Cosa sia una città […] solo dirò che scampammo la peste, che il grande male è iniquità e violenza, dominio di vivente su vivente. Ma tu non fare il male e non temere: non temere natura […] transamorem […] è fuoco bianco. Luego de todo vince sempre lei.
[…]
E ancora sprofondai nella luce.

Tornai nel mondo ed era una città: anche qui barche e acqua, anche qui fame d’oro e di dominio. Civitas […]t damnatio existentiae […] per gente come me. Io ricordavo inchiostri e spezie, le lingue degli uomini, gli astri e il nascondimento: lasciai quella città, Amsterdam il suo nome, andai per terre basse e mai dicevo di Omnht, delle dieci sorelle, e come non avessi […] aiutava. Chi dice che tutto è marcio sta mentendo.
Mi accolsero uno speziale e sua moglie, erano in lutto per un figlio bambino.
Quel luogo si chiamava La Haia. Fui copista e lavorante in bottega. Preparavo le tinte, pestai spezie e pigmenti.
Lì presso era a pigione uno studioso, amico dello speziale. Scriveva, soldi ne aveva pochi, io preparavo e gli portavo l’inchiostro. Era malato, ma immagina un tempio in una valle deserta.
Mai mi fece domande […] mi disse che oltre un certo segno non vi sono concetti, forme o gerarchie: ma solo vi è una velocità infinita, solo è come una musica, come astri, come archi e vento. Parlammo allora del fuoco bianco.
Mi disse che a breve sarebbe morto, che già aveva […] e avrebbero raccolto le sue carte, lo speziale assieme a un altro amico, per metterle al riparo.
C’era un mazzo di fogli, erano i suoi disegni a fusaggine e inchiostro. Mi chiese di legarli in un quaderno. Disse: tienili assieme, Ordamoris.
Io cucii in un quaderno i suoi disegni. Restai nei pressi, curai che avesse il necessario. Dopo due giorni cadde nella luce.
I suoi panni, una fibbia, la sua cassetta di aggeggi – era stato, per sostentarsi, tornitore di lenti – ciò venne inventariato poi venduto, così da provvedere alla sepoltura. Ma le sue carte già erano al sicuro, subito poste in salvo e […]


[Frammento manoscritto sul recto di un foglio in carta orientale di lino, il cui verso è incollato per rinforzo alla controguardia posteriore della legatura, in pergamena semirigida, di un volume miscellaneo (minute di istrumenti vari, legazione pontificia bolognese, inizio del secolo XVIII). Scrittura corsiva a inchiostro scuro; lacune da scoloritura, per reazione tra inchiostro e colla, qui indicate con parentesi quadre. Nel verso del foglio, incollato al contropiatto del volume, si intravvede il prosieguo della scrittura; ne è leggibile solo la prima riga, che reca scritto da altra mano coeva, in corpo minore, La gloria es una forma de incomprension y quizàs la peor].

Silvia Tebaldi

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