Hamsa #0 – racconto di Silvia Tebaldi

Hamsa #0 – racconto di Silvia Tebaldi

“Hamsa” (in ebraico Hamesh, in arabo Hamsa, cinque: le cinque dita della mano). Le storie di Hamsa raccontano di epifanie, di trasformazioni, di metamorfosi. Hamsa ha a che fare con il lavoro delle mani, con le reliquie e con i frammenti. Hamsa racconta di ciò che il tempo consegna, di ciò che non si perde e non si lascia.

rubrica ideata e curata da Silvia Tebaldi


Questa, di là non lo potrai portare. Quest’opera che tieni tra le mani – carta, lavoro d’ago e stoffa, o pergamena e punte, argilla o legno, o pietre incastonate nei metalli – quest’opera la dovrai lasciare. Quando sarai di là, forse nemmeno la ricorderai.

E allora cosa porterai con te. Mani nude, nuda rabbia.
Rabbia perdita angoscia, ma senza nulla più da camuffare. Perché la sentirai per come è. Degna.

E cosa troverai, dall’altra parte.
Segni, tracce, suoni. Che a volte si addensano in parole. Ciò che non si perde, che non si lascia, voce che è tua e non è tua.
Troverai certi tondi lavorati, opera di tua madre, e forse penserai a chi lasciarli.
O scritture, canzoni addensate nell’inchiostro – nastri, scodelle, attrezzi.
L’opera delle mani. La voce. Là dove tu sarai verrà con te.

E assieme ci sarà come una gioia, gioia che non dipende da null’altro – né eventi, né oggetti, né pensieri – gioia come la rabbia, come il dolore, come le mani: Nuda. Pulita. Degna.

Porta di là questa presenza, nel torrente sanguigno, nelle cellule.
Sarà cosa di luce e buio assieme – come un’alba, una nascita, un’eclissi – il raggio che ci desta, il giorno nuovo.

Silvia Tebaldi

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